11 marzo 2007

Daniela mi proteggerà da ciò che voglio


(premessa post - adolescenzial romantico stilnovista
E' il mio primo post (o, come disse H. J. Simpson, "E' il mio primo giorno...").
Il nuovo membro del blog alle rose che ha scritto queste due righe chiede solo di non offendere Alice. Piuttosto si offenda il suo (il mio) mondo di porsi col modo, lo spazio e il tempo.
Evviva evviva evviva alle rose).


Il mio problema è che non so da dove cominciare per liberare il cervello, per purificare il cuore, per far passare il dolore ai testicoli, in particolare quello sinistro, salvato in extremis, qualche anno fa, all'ospedale di Camposanpiero.
Per me non è un gioco. Non è un piano, non è un ruolo, non ci sono parole chiave da decidere prima. Quando scrivo sono io; il destinatario delle mie parole siamo solamente io e quelli (venticinque? mah, dai, mi sa un po' di più, stronzetto di un Alessandro Manzoni) a cui va di leggermi. Non ho bisogno di nickname, e inoltre detesto chi distorce il mio soprannome ovvero i miei soprannomignoli. Si dice RENA, sta per Renato Pozzetto, era un omaggio alla mia simpatia da parte di un mio compagno di banco delle medie, ripetente, una della poche persone che mi facevano ridere anche quando era serio; le interrogazioni il suo show. (E io ero più contento di lui quando i suoi voti migliorarono e i professori lo imbarazzarono di complimenti).
Una settimana difficile la mia: una casa nuova, gentaglia nuova agli angoli e persone nuove di fronte.
Non aspettavo altro che mettere piede alle rose, il mio bar preferito.
Arrivo da dietro come sempre, un rumeno (il nome non lo ricordo) che quest'inverno lasciai vincere a scacchi perché era ubriaco e avevo paura di vincere (meglio: era troppo facile) mi fa: "Ciao cara"; io dico: "Ciao", perché il saluto non lo nego a nessuno; poi si mette a ridere con un suo connazionale, io mi fermo alla porta, lo guardo e lui mi fa: "Culattone", ridendo. Io, sorridendo, dico: "No, no, attento", e vado dentro. Lui, che un nome non ce l'ha, anche se mi ha preso in giro, è un uomo simpatico e sa trasmettere allegria.
Mi siedo, provo a leggere il giornale; Mario grida: "Bebooo". Bebo mi saluta, si siede; dice: "Mi hai anticipato... il giornale". Chiudo e parlo con lui.
Avrei voluto rivedere Clara e ridarle Full Metal Jacket. Pazienza, sarà per un'altra volta o per quella dopo. (Che a casa tua piangevi tu, a casa mia piangevo prima di ridarti la cintura zebrata, la cintura fucsia, la maglietta di Kurt e non ricordo cosa, e ho pianto anche quando te ne eri già andata).
Mi sono dimenticato di offrire da bere a Luca, quello che grida e canta e aiuta chi ne ha bisogno. Una sera stellata a Sherwood disse: "Datevi un bacio", e così fu; ma è una storia già sentita, e i particolari non sono cazzi vostri (anche se anche se). Due o tre settimane fa Luca mi disse: "Sai di cosa hai bisogno tu? Di un po' di tranquillità; dormire senza antifurti, finestre aperte e porte spalancate". Casa mia nuova è in primissima arcella: le serrature sono rotte, non ho bisogno di sonniferi in pastiglie, la tapparella la lascio su ma le finestre le chiudo, perché soffro l'umidità. Soffro, troppo, l'umidità. Luca sa veramente guardare oltre. Soprattutto quando non alza la voce.
Mi piace Camilla perché mi sembra di averla già conosciuta, ma soprattutto perché sembra che lei mi abbia già conosciuto.
Guardatemi negli occhi: io aiuto i più deboli, insegno loro a camminare da soli; ma, una volta che hanno imparato, non si aspettino che controlli che non cadano. Sarebbe prenderli in giro.
Guardatemi begli occhi: non è più stagione di zucche e stregonerie. E un bel risotto di funghi, quattro piatti perché uno lo lasciamo ai fantasmi, "MIA VERGINE BABY FIDUCIA".
Guardatemi in faccia, facce di cazzo: sono io il più debole, e sono stato preso in giro una volta di troppo.
Sabato sera, alle rose, è successo un po' di tutto, di tutto un po'.
Ho giocato a calcetto con Lele, spero abbia capito che lo voglio vedere ridere, con la Maddalena (che gioca meglio di me e mi segna quando vuole), Mauro, Mario, Fede, e anche con Alberto, mi sembra si chiami. L'ho accompagnato a casa, e in macchina si è messo a piangere. Non mi sono permesso di chiedergli se piangeva di gioia o per frustrazione; ma ha detto che sarebbe passato a salutare Alice, e anche che Alice è l'unica che può annullare le sue paure, reali o immaginarie che siano.
Stavo per tornare a casa, ma c'era un ragazzo solo e dall'aria triste seduto sui gradini di fronte la chiesa di Cittadella; i miei gradini, i gradini della mia solitudine (o di alcune delle mie solitudini). Ho parcheggiato la macchina, ho chiesto: "Aspetti qualcuno? Posso sedermi? Ti va di chiacchierare un po'?". Sabir, vent'anni, marocchino, gli piacciono sia le bionde che le more che le rosse. E' arrivato un suo amico, Omar, marocchino anche lui, da sei anni in Italia; gli piace lo skate e ballare l'hip hop; mi ha chiesto un passaggio per tornare a casa e mi ha chiesto se fumo.
Ora spero di accendere la tv. Spero che Lea di Leo risponda sincera alle mie domande come la settimana scorsa e di addormentarmi pensando alla bambina che ha il nome della pace e fa rima con Benedetta.
Confusione, tanta confusione, ma le regole le lascio decidere agli altri anche per me.

4 Comments:

Anonymous Anonimo said...

copio e incollo e sto a attenta a non versare nulla sulla tastiera, l'ultima volta c'abbiamo rimesso l'acca.

io difenderò sempre la tua testa rasata, la tua testa colma di ammoniaca gialla,il tuo stare incurvato, i tuoi gioielli pacchiani, la tua borsa grunge con meno spillette, il tuo riflettere asindeto e i tuoi racconti senza logika, che non hanno volti ma tanti paesaggi.

e le citazioni non servono

V.

10:59 AM  
Anonymous Anonimo said...

se ti apri così... prendi il raffreddore......

GRANDE...
veramente...

12:53 PM  
Anonymous Anonimo said...

bevi manco, bevi bianco!

12:40 PM  
Anonymous Anonimo said...

...e a fine Lea di Leo risolve i problemi de tuti...mi ghe farìa un monumento!

12:55 PM  

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